DELIBERA ANNULLATA: SIAM MICA QUI A SQUAGLIARE I GELATI

la Legge è uguale per tutti
la Legge è uguale per tutti

Nessun uomo di media intelligenza esprimerebbe giudizi sulle qualità professionali di altri, a meno che di quella professione egli non sia maestro per ufficio e non solo per stracci di carta. Ragion per cui costituirebbe atto di villania, oltre che di idiozia pura, insegnare a un gelataio come produrre il gelato. E’ un esempio ma rende bene il senso!

Lo spunto per discutere il tema lo offre (destinata a tener banco per molto) la sentenza che ha portato all’annullamento della delibera comunale sul “parco dei falchi”, non per la vicenda in se ma per gli interessanti aspetti che sta fornendo con i singolari commenti che si leggono in rete.

Intanto sulla legittimazione a ricorrere da parte dei consiglieri comunali, sulla quale improvvisati giuristi hanno inteso schermire la Corte…e non solo quella.

Va premesso che i ricorsi erano due: il 243, presentato dai consiglieri comunali e dall’Associazione Ethos; ed il 254 presentato dall’Associazione Italia Nostra. I ricorsi venivano riuniti per  connessione oggettiva e parzialmente soggettiva.

Il Collegio ha, prima, riconosciuto la legittimazione a ricorrere dei Consiglieri Comunali, premettendo che “per pacifica giurisprudenza, i consiglieri comunali di minoranza hanno legittimazione a ricorrere avverso le deliberazioni del consiglio di cui fanno parte solo nell’ipotesi di violazione del loro “ius ad officium”, ovvero limitatamente a quanto incide sull’esercizio del loro mandato (v. da ultimo Consiglio di Stato sez. V, 14 settembre 2012, n. 4892)”.

5.0.2Ne consegue” – aggiunge il TAR – “che il gravame da essi proposto è ammissibile limitatamente al primo motivo di censura, con cui fanno valere un’asserita irregolarità nella predisposizione degli atti istruttori e documentali a corredo della proposta deliberativa sottoposta all’esame del Consiglio nella seduta in cui è stata adottata la deliberazione impugnata….” Gli altri motivi, che sono coincidenti a quelli degli altri ricorrenti, esulano dallo “ius ad officium”.

Ora, chi legge, volendo esprimersi, deve almeno conoscere le carte. E deve sapere che “gli altri motivi”, i quali esulano dallo “ius ad officium”, sono contenuti in un ricorso unico, il 243, sottoscritto congiuntamente dall’Associazione Ethos e dai due consiglieri comunali. (Come potevano, i consiglieri, espungere i loro motivi e viceversa?)

Data per acquisita la legittimazione a ricorrere dei consiglieri e dell’Associazione Italia Nostra con il ricorso n. 254 (esclusa Ethos per mancata allegazione dello statuto), il Tribunale, nell’esame dei motivi dei ricorsi, ha statuito che le dedotte violazioni delle “regole del procedimento” avevano priorità logico-giuridica rispetto alle altre doglianze, compresa quella dello “ius ad officium” lamentato dai consiglieri.

Orbene, svolto l’esame ed accolte le violazioni sulle regole del procedimento, il Collegio non ha esaminato i “vizi” denunciati dai Consiglieri, avendo statuito che dovendosi “ripetere” il procedimento amministrativo, anche la predisposizione degli atti di consiglio si sarebbe dovuta ripetere.

Ed, infatti, se invece di travasare bile, ci si attenesse alle parole scritte, si leggerebbe che il ricorso 243, sottoscritto dai consiglieri, è stato dichiarato “inammissibile” (non “respinto”, non “rigettato”), per la semplice banalissima ragione che mancava l’oggetto del contendere, con l’annullamento della delibera  consiliare.

606x341_218084_presidente-cipro-piano-salvataggio-sarVale a dire che la “questione” è stata annullata nella fase precedente il suo arrivo in Consiglio Comunale. Altro che….abbiamo fatto tutti gli approfondimenti possibili e immaginabili!

Detto questo, in merito allo “ius ad officium”, cioè all’impedito esercizio del “ministero” di consigliere comunale, viene in mente che anche nella pratica SUAP denominata “Boccaccio2” e trattata dal Consiglio lunedì 3 giugno scorso, i consiglieri hanno lamentato irregolarità nella predisposizione degli atti istruttori e documentali a corredo della proposta deliberativa sottoposta all’esame del Consiglio.

In particolare, al Consiglio era stata taciuta una sentenza del TAR che rendeva improponibile quella proposta di deliberazione, siccome era stata taciuta una richiesta della parte interessata, diretta ad ottenere l’autorizzazione richiesta.

Sul primo documento, restiamo tutti ancora in attesa di conoscere il perché di una così grave omissione, contrassegnata da comportamenti della maggioranza idonei e diretti in modo non equivoco a tacere sulla sua esistenza sino all’espressa richiesta della minoranza; sul secondo documento aspettiamo di valutare l’origine e la portata, perché da ciò potrebbero scaturire ben altre e più ampie responsabilità.

Come diceva il poeta, da Roma partirono le aquile per la conquista del mondo, e lasciarono a guardia le oche, ma il crocidare e lo starnazzare delle oche ormai non è più preso sul serio.

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