La seduta si è aperta tra baci, abbracci e auguri, con un vice sindaco, Maria Grazia Richichi, in veste di padrone di casa che ha regalato sorrisi a tutti, come a tutti ha annuito. Tanto da far domandare se quel sorriso non si fosse trasformato in una paresi.
Dopo un breve saluto della “sindaca f.f.”, che però continua a firmarsi “Vice Sindaco” e prima dei bocconi amari preparati da una parte della minoranza, la parola è passata ai sindaci presenti delle altre città vicine: quello di Sant’Alessio e quello di Campo Calabro.
IL PD SPARA A SALVE E TENTA DI NASCONDERE L’INCIUCIO
Quella di Ciccone sembra più una questione sollevata per “fare caciara”, col subdolo tentativo di impaurire i consiglieri comunali, alcuni alla prima esperienza, parlando di responsabilità penali e contabili, volutamente glissando sulle proprie responsabilità e quelle di un partito che, per autoreferenzialità, ha fatto disamorare gli oltre 4.000 aventi diritto che non hanno votato e dividere altri 5.000 elettori che nell’alternativa ci speravano.
Dice, però, una cosa gravissima Ciccone: «noi non contestiamo la legittimità della nomina di Maria Grazia Richichi a vice sindaco». Che è come dire: noi nell’illegalità ci sguazziamo!
ARAGONA: BERSAGLIO CENTRATO!
La bordata viene offerta con i “guanti bianchi” e il segretario Gangemi accusa il colpo, diventa paonazzo. E’ costretto a verbalizzare anche le sue stesse dichiarazioni. Racconta l’iter delle elezioni, zoppica, arranca, s’infrange su uno scoglio quando Mimmo Aragona, da politico navigato, gli ricorda che la sua domanda è chiara e non ha bisogno di ripercorrere tutto l’iter elettorale.
Aragona ribadisce la domanda: è vero o non è vero che lei nel novembre 2016 ha notificato la “sospensione” a Siclari? E Gangemi ammette, poi continua affermando che con lo scioglimento del consiglio comunale del dicembre scorso, la sospensione non aveva più valore e quando il 13 giugno la prefettura ha inviato la “nuova sospensione” è stata subito notificata. Deve, però essersi accorto della gaffe, Gangemi, che ora dovrà assumersene la responsabilità (non che prima non lo sapesse ma muta lo scenario delle responsabilità). Ma la frittata è fatta.
NON BASTA LEGGERE, OCCORRE CAPIRE
In realtà, quello che emerge dal Consiglio di ieri, è che non basta leggere, occorre capire ciò che si legge. E nessuno ha letto o capito nulla! Sicché è opportuno chiarire che come nessuna norma può essere in contrasto con la Costituzione, solo la Corte Costituzionale può “cassare” le parti delle norme in contrasto con essa e da qui anche l’appellativo di “Giudice delle Leggi” attribuito alla Corte.
Detto questo, nel giudizio sollevato dal sindaco De Magistris (l’unico che possa interessare), la Corte ha fissato un paio di principi: 1) ha stabilito che la misura contenuta nel D. Lgs 235/2012, della “sospensione” conseguente a condanna in primo grado, non costituisce sanzione o effetto penale della condanna, ma il venir meno di un requisito soggettivo per l’accesso alle cariche considerate o per il loro mantenimento; 2) Operatività di diritto a seguito della sentenza di condanna; 3) il prefetto, di conseguenza, non ha alcun potere se non quello di “accertare” la sospensione….che non sia stata accertata in precedenza.
SPENTE LE STELLE DEI 5 STELLE
Alla prova del nove, Milena Gioè ha fallito. Ha fatto il gioco della maggioranza, è andata fuori tema in un consiglio comunale inaugurale. Non capisce o non sa cosa fare. Contesta la rocambolesca elezione di Siclari ma resta in aula e vota “l’esame delle condizioni dei candidati”.
Vota contro ma resta in aula. Il suo assenso è solo per la sua elezione, forse. Non so! Ha tediato tutto il Consiglio, ospiti, pubblico ricordando una serie infinita di problemi che stanno a cuore ai 5 stelle (?) ma lo fa nella seduta sbagliata e prima ancora di capire se lei stessa sia o meno “compatibile” con la carica.
Insomma chi si aspettava professionalità e competenza, ha trovato imprecisioni e sciatteria. Forse a causa della immaturità. Che però ha delle conseguenze, che la Gioè, evidentemente, non ha ancora compreso.
L’IDRAULICO E PIETRONE CAMINITI
«Non capisco a chi giova questo clima, noi abbiamo vinto e adesso dobbiamo lavorare tutti per la città, siamo legittimati dalla prefettura che non è intervenuta a censurare nulla». Pietrone Caminiti è un fiume in piena. Come lo era stato quando, lui stesso, il giorno in cui il Consiglio Comunale fu sciolto nel dicembre 2016, chiese al Segretario se quella stessa Adunanza fosse regolare, avendo come risposta che era stata la Prefettura a dare l’Ok. Ed è finita come sappiamo tutti!
Come se per un guasto chiamassimo l’idraulico che fa un lavoro perfetto. Ma nelle more violenta moglie, figlie e uccide il cane. Ma il lavoro resta perfetto. Finché gli organi dello stato non procedono alla sua punizione. D’altro canto, «tutti dobbiamo lavorare per la città».
Allora forse, Pietrone Caminiti, anch’egli in “stasi metafisica”, si riferiva al ventennio. Perchè nel frattempo due guerre mondiali e quasi 80 anni di storia Repubblicana, hanno fondato e consolidato una Repubblica Democratica sui valori della legalità. E se è vero che “questo clima non giova a nessuno” è a se stesso che deve rivolgere la riflessione, perchè questo clima – come gli ha ricordato Cristian Aragona – «non gioverebbe» nemmeno se tutti gli atti dovessero essere dichiarati illegittimi da un qualsiasi Tribunale.
Poi la scena è tutta della maggioranza (in aula per la minoranza solo la Gioé). Litiga, volano gli stracci, urla di supporter e tifo da stadio. Non è un bel vedere ma….per ora ….la città ha scelto!
28/06/2017
antonio morabito