Clamorosa decisione del Tribunale Amministrativo di Reggio Calabria che ha confermato l’ordine di demolizione parziale per una decina di costruzioni realizzate in località Porticello di Villa San Giovanni, quasi tutte prevalentemente utilizzate per il periodo estivo.
Il provvedimento restituisce valore all’intimazione di demolizione, ordinata dallo stesso Comune di Villa San Giovanni, per alcune significative porzioni di una serie di villette (circa 14) realizzate nella nota località estiva, area sulla quale grava il vincolo paesaggistico che, come rileva la stessa sentenza, si è tentato di aggirare.
il Tribunale, presieduto dallo stesso Presidente, Marcello Politi, Referendari Tropiano e Testini, nel respingere il ricorso dei ricorrenti li ha anche condannati al pagamento delle spese di lite.
LA LEGGE NON S’INGANNA
Le villette bifamiliari erano state realizzate dalla ditta Liconti che, in data 17 dicembre 2004 «aveva formulato richiesta di certificazione di insussistenza di vincoli sull’area, in esito alla quale l’attestazione del 4 gennaio 2005 certificava che “l’area interessata dal fabbricato, riportata al foglio catastale» «oggetto del suddetto condono edilizio è assoggettata al vincolo paesaggistico ambientale ai sensi del D.L. 42/2004”, mentre non risultava “assoggettata ai seguenti vincoli: idrologici o falde idriche; parchi nazionali e regionali».
Le unità immobiliari, dunque, avrebbero dovuto essere realizzate tenendo conto dei limiti di cubatura derivanti dal vincolo paesaggistico cui era sottoposta l’area in questione ma, come rivela la stessa sentenza «Con successiva richiesta del 12 gennaio 2005», cioè ad appena una settimana dalla prima risposta dell’Ente, la stessa ditta «ha, poi, sollecitato il rilascio di nuova certificazione di insussistenza di vincoli inibitori l’edificabilità, chiedendo espressamente “la sola certificazione l’insussistenza di vincoli inibitori l’edificabilità”».
In sostanza, non essendo stata considerata “utile” ai fini dell’imprenditore – che avrebbe dovuto alienare gli immobili realizzati – la seconda istanza, presentata ad appena una settimana dalla prima risposta, richiedeva espressamente la “sola” sussistenza dei soli vincoli di edificabilità»- ricevendo, il successivo giorno, il 13 gennaio 2005, cioè nella immediatezza, la certificazione che non esistevano vincoli in tal senso ed omettendo qualsiasi riferimento alla precedente comunicazione.
E IO MICA SO’ PASQUALE
Ne ha per tutti il Tribunale, che oltre alle violazioni insanabili commesse dal costruttore, riserva una bella stoccata agli acquirenti, oggi proprietari di immobili in parte abusivi, segnalando che essi stessi avrebbero dovuto conoscere le difformità, dal momento che il venditore, all’atto della compra-vendita, ha allegato l’istanza con la quale viene richiesta, al Comune, la sanatoria di opere, evidentemente, abusive.
Da qui l’ipotesi che essi, durante l’acquisto, pur in assenza di certificazione paesaggistica, grossolanamente occultata dal venditore, hanno accettato il rischio che la sanatoria venisse disattesa dagli organi Comunali né, tanto meno, il trascorrere del tempo, può aver fatto sorgere in loro una aspettativa legata all’affidamento che l’esito della richiesta potesse essere in qualche modo accolto.
Resta l’illegittimità, ininfluente, – dice il TAR – che le parti accampano come una disparità di trattamento – su quelle unità immobiliari estranee a questo procedimento ma ricomprese nel lotto abitativo a suo tempo ceduto, perché, dice il TAR, «il destinatario del provvedimento repressivo non può invocare il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento, non essendo consentito giovarsi delle illegittimità allo stato ancora non sanzionate commesse da altri».
In pratica vi sarebbero altre unità abitative, estranee a questo procedimento, che avrebbero goduto, illegittimamente, di situazioni più favorevoli, per le quali, non è stato emesso, al momento, alcun provvedimento di revoca e/o annullamento. Appunto, al momento!
CASTA VINCE CASTA PERDE
Un’altro pasticcio alla villese, in cui tutti sembrano esenti da responsabilità personali: il costruttore che ha costruito in difformità dopo il primo diniego e che si fa approvare i progetti regolari ma li realizza diversamente; l’Ufficio Tecnico che, a domanda risponde, senza verificare che le costruzioni fossero state realizzate in violazione e, dapprima risponde che l’area è soggetta a vincolo paesaggistico, ma una settimana dopo, certifica la “sola” insussistenza di vincoli edificatori (idrologici o falde idriche; parchi nazionali e regionali).
Una domanda sorge spontanea: ma dopo aver dato la prima risposta ed avendo ricevuto una seconda istanza simile alla prima, a nessuno viene in mente di fare un sopralluogo? E, ancora, avendo ricevuto la richiesta di “sanatoria”, nessuno si è chiesto “sanatoria” di cosa? Probabilmente di opere abusive. E quali erano le opere abusive?
Stessa domanda che, gli acquirenti, avrebbero dovuto farsi ed è la stessa obiezione sollevata in sentenza ma, forse, la comodità di usufruire “della variazione di destinazione d’uso di n. 2 garage in locali di civile abitazione, al piano terra; di n. 2 porticati in cemento armato in luogo dei previsti pergolati in legno, al piano terra; della chiusura e trasformazione di 2 logge in locali di civile abitazione, al piano primo”, ha suggerito di soprassedere.
Opere, queste, che adesso, allo spirare di tutti i rimedi, dovranno essere abbattute!
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