Dopo anni (decenni?) in cui tutto sembrava possibile, le varie inchieste della locale Procura della Repubblica hanno messo (e stanno mettendo) in luce tutte le nefandezze, gravi e meno gravi, operate dalla politica con la complicità omissiva di molte istituzioni locali.
Un politico serio e responsabile, piuttosto che preoccuparsi di dar seguito alla propria mozione, dovrebbe fare ammenda e chiedere al Commissario la revoca di quelle delibere adottate da un Consiglio Comunale che non avrebbe – a norma di Statuto – potuto riunirsi e deliberare. La Mozione, infatti, diventa secondaria (tanto è da anni che si discute) rispetto al dovere di un Ente di improntare la propria condotta al rispetto delle leggi.
SIAMO SU SCHERZI A PARTE
Paradossalmente (dopo le dimissioni della minoranza e della Presidente del Consiglio), l’Assemblea Civica convocata prima delle dimissioni godeva della legittimazione (maggioranza più uno dei consiglieri assegnati) ma in sede di prima convocazione non poteva deliberare per assenza del numero legale.
Cassone, invece, sensibile al palcoscenico, si è ostinato e non solo ha fatto deliberare il Consiglio ma ha anche detto che sarebbe andato avanti per senso di responsabilità, tranne poi rimettere il mandato un paio d’ore dopo, insieme alla sua maggioranza o quel che rimaneva e per le stesse identiche ragioni: per senso di responsabilità. Dimenticando di avere, per l’ennesima volta, commesso con l’intero consiglio un abuso d’ufficio.
IN ATTESA DELLA COMMISSIONE
A pesare sul Comune le gravissime violazioni ipotizzate dalla Procura reggina, anche con la contestazione al sindaco eletto di avere favorito un’associazione criminale di tipo mafioso e che avrebbe dovuto indurre (lo ha fatto?) la Prefettura di Reggio Calabria a stilare una relazione chiedendo la nomina di una Commissione in grado di accertare l’eventuale condizionamento mafioso.
Più che di una “soffiata”, infatti, questa è la prassi, sebbene la repentina presentazione delle dimissioni (errate) dei consiglieri di Area Popolare e la succesiva e altrettanto repentina dimissione della presidente del consiglio comunale, cui sono seguite quelle della minoranza, lascerebbero intendere un gesto disperato per salvare il salvabile ed evitare l’onta dello scioglimento per infiltrazione mafiosa e la conseguente incandidabilità di tutti i consiglieri.
Consiglieri (tutti) che ancora giocano a fare i grandi politici, dimenticandosi che la città è da tempo allo sbando; che le vicende (politiche e personali) in cui sono coinvolti spaziano dall’interesse personale al cinico calcolo politico ed all’ennesimo (stancante) abuso, mentre l’intera città assiste inerme allo spettacolo indecoroso, dopo averne tessuto, essa stessa, le lodi.
ASPETTANDO IL NUOVO ANNO
Le strade che si trova di fronte il Commissario sono due e la prima è piena di ostacoli: la prima prevede il riconoscimento delle delibere adottate dall’ultimo consiglio comunale che cozzano con la ragione stessa della sua nomina, finalizzata al ripristino del corretto funzionamento degli organi e che apre la strada ad interventi di natura giudiziaria, sebbene una delle delibere riguardi proprio fondi destinati al Ministero dell’Interno.
L’altra strada, invece, sarebbe quella dell’annullamento in autotutela di quelle delibere e la riedizione delle stesse. Che ci sembra la strada più corretta!
30/12/2016
di antonio morabito