UNA PROCURA CI SALVERA’

Che Antonio Albanese si sia ispirato a scene di vita vissuta sono molti a dirlo. Magari ha enfatizzato, ma questo era il sunto che poteva trarsi dal suo fortunatissimo film, “Qualunquemente”.

Quello che era difficile credere, è che quelle scene avessero radici così intime da sembrare sovrapporsi ad una realtà così vicina, tale da dare il senso che la scenografia del film sia stata scritta analizzando fatti noti e proprio per questo dalle nostre menti rifiutati.

Cetto La Qualunque, con i suoi “compari”, seduti mentre discutono di costruzioni abusive e delle strategie per scegliere il candidato a sindaco, sono la metafora di quanto accaduto e accade dalle nostre parti, con un Tribunale (ma solo Amministrativo), che respinge i ricorsi presentati da proprietari immobiliari, tutti (o quasi) rigorosamente appartenenti al mondo politico e della nomenklatura che, a destra o a sinistra, ha imperversato per lungo tempo.

SCENE DA UN FILM

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Tutto corrisponde: polizia, carabinieri, finanza, decidono di indagare su villaggi ed attività costruite senza permesso, con un ipotetico “De Santis” che si schiera «a favore della legge», cui fa eco il nostro personaggio che si chiede:«ma è legale tutto questo?».

Quello che accade qui: i protagonisti (un Tribunale Amministrativo al posto delle Forze dell’Ordine) si schierano a favore della legge, sancendo l’illiceità delle azioni dei protagonisti nella realizzazione di unità immobiliari che eccedono i vincoli imposti dalle norme paesaggistiche e un giro di carte, che appaiono e scompaiono, cui fa da sfondo una efficienza mai vista della macchina burocratica.

Roba da non crederci: in meno di 24 ore l’Ufficio Tecnico riceve un’istanza, complessa sotto certi aspetti, e la evade. Con una risposta ineccepibile sotto il profilo formale ma che, sotto il profilo sostanziale, crea perplessità di non poco conto.

Il 17 dicembre del 2004, infatti, scrive il TAR, il dante causa XXXXX «aveva formulato richiesta di certificazione di insussistenza di vincoli inibitori l’edificabilità» in esito alla quale, il «4 gennaio 2005» il Comune «certificava che “l’area interessata…oggetto del…condono edilizio è assoggettata al vincolo paesaggistico ambientale ai sensi del D.L. 42/2004”, mentre non risulta “assoggettata ai seguenti vincoli: idrologici o falde idriche; parchi nazionali e regionali».

Non pago della risposta, che avrebbe fatto ascrivere delle responsabilità, il “dante causa”, il 12 gennaio 2005, fa pervenire al Comune un’altra istanza, dove chiede “la sola certificazione l’insussistenza di vincoli inibitori l’edificabilità”. Istanza riscontrata dal Comune il successivo giorno 13 gennaio, che certifica l’insussistenza dei vincoli inibitori l’edificabilità.

Esattamente come richiesto dalla parte, senza estendere alcun altra dicitura o, al limite, il riferimento a precedente comunicazione. Niente di niente, esattamente come chiedeva il “dante causa”.

UN GIORNO CHIEDI

stor_10585827_55500Non ci sarebbe nemmeno bisogno di essere astuti investigatori per avere cognizione dell’inghippo e per capire il “magheggio” intorno alla vicenda. Una seconda richiesta che si fa appena in tempo a presentare al protocollo (il comune dichiara almeno un giorno per l’acquisizione al protocollo) che già la stessa è munita di risposta e consegnata al “dante causa” che, quindi, può procedere col rogito.

La cosa ha un certo che di sospetto, che i Giudici del TAR addebitano anche agli “ignari” compratori, i quali ben avrebbero potuto porsi, quanto meno, il dubbio che quella “richiesta di accertamento di compatibilità paesaggistica” ovvero di condono di abusi realizzati in aree soggette a vincolo, avessero, appunto, a monte, un vincolo.

Un giochetto per aggirare le leggi o chi le interpreta e le rappresenta, nella certezza che non le rappresenterà mai con il dovuto scrupolo e in scienza e coscienza. E 10 anni trascorsi in costante violazione di legge che sembra l’unico motivo distintivo di una città che scorrendo i rapporti potrebbe assimilarsi alla Svizzera.

LA LEGGE E’ UGUALE PER TUTTI

Il Procuratore Aggiunto di Milano, Boccassini
Il Procuratore Aggiunto di Milano, Boccassini

E’ chi ha la responsabilità di applicarla che a volte diventa strabico, svogliato o interessato. Forse è per questo che, come diceva il Notaio Marrapodi, a Reggio Calabria un processo può durare 20 giorni, 20 mesi o 20 anni, a seconda degli interessi in gioco.

Eppure qualcosa sembra essersi svegliata ma non spontaneamente: ad una città vissuta per troppo tempo nell’anomia e che negli ultimi anni ha superato se stessa, occorre dare una sferzata, per riportarla entro i limiti della legalità. O, meglio, occorre dare l’impressione che tutti sono illegali, quindi niente è illegale.

Non stupisce, quindi, che l’attuale maggioranza abbia inteso dare un segno del pedissequo rispetto della legge, disponendo sanzioni per chiunque abbia violato l’obbligo di demolizione di opere abusive. Quando ormai è suonata la campanella dell’ultima ora.

Un atto, beninteso, che va nella direzione giusta ma che risulta tardivo rispetto alle migliaia di violazioni del principio di legalità che è pure inutile ribadire. Com’è inutile ribadire che a riportare un poco di ordine nella confusione che ha imperversato nella ordinata e civile convivenza, lo ha portato (e forse ancora porterà), una Procura lontana, quella di Milano! Oltre all’odierno TAR, naturalmente.

Cetto, dunque, non dorma sonni tranquilli!

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