MARCO SICLARI ATTACCA I CANI DA GUARDIA DELLA DEMOCRAZIA. MA POI SI RITIRA IN BUON’ORDINE

La discussa e controversa questione della spiaggia di “Pezzo”, mandata in appalto nel 2014 dalla Giunta La Valle, secondo quanto emerge sarebbe stata inquinata o, comunque, i lavori di ripascimento, avrebbero finito per deturpare la bellezza del luogo, quando non anche avrebbero provocato una contaminazione dell’area. Almeno per ora, sembrano queste le conclusioni cui sarebbe giunta la locale Procura della Repubblica che, nei giorni scorsi, ha notificato ai presunti responsabili alcuni atti finalizzati all’avviso di conclusione delle indagini ed alla conseguente informazione di garanzia.

La notizia, che prende avvio dalle indagini svolte dagli uomini dell’ex Corpo Forestale e dal locale Commissariato della Polizia di Stato, in breve ha avuto ampia diffusione, avrebbe riguardato tutti i componenti della Giunta ma avrebbe fatto scattare la “legittima difesa” di Giovanni Siclari, candidato alla carica di sindaco per la lista LeAli per Villa”, che ha immediatamente smentito, affermando di non avere preso parte a quella riunione di “Giunta”.

Insieme a Giovanni Siclari, tuttavia, si è registrata la reazione scomposta e sconsiderata della pagina riconducibile al fratello Marco, politico di professione, che attraverso invettive e velenose dichiarazioni, come accade nelle realtà tribali dell’Africa nera, ha immediatamente risposto prendendosela con tutto e con tutti.

TUTTA COLPA DEI GIORNALI

Nella “Lectio magistralis” del giovane Marco Siclari, solo poco tempo fa uscito dal consiglio comunale Capitolino che ha regalato all’Italia lo scandalo di “Mafia Capitale”, ricorda a tutti – infarcendo il suo scritto di auspici e dichiarazioni d’intenti – che un anonimo magistrato gli avrebbe detto che i mali del Sud sono due: La Ndragheta (che lui chiama Mafia) e la stampa!

Poi aggiunge una serie di elucubrazioni forse autobiografiche, per dire che le imprese e gli imprenditori sono vittime di questo sistema.

Ebbene, diffido del fatto che un magistrato possa avere detto che la “stampa” sia un male o, peggio, che lo sia al pari della ndrangheta. Ma ammesso che anche fosse, cioé che lo abbia detto, c’è da ritenere ch’egli fosse in “stasi metafisica” ovvero colto dai fumi dell’alcol, per la semplice ragione ch’egli ha offeso, in un solo colpo, specchiati giornalisti come Giuseppe Alfano, Carlo Casalegno, Cosimo Cristina, Mauro De Mauro, Giuseppe Fava, Mario Francese, Peppino Impastato, Mauro Rostagno, Giancarlo Siani, Giovanni Spampinato, Walter Tobagi e il loro coraggio.

Per questa ragione, già offeso dalle elucubrazioni dissennate di Siclari e dell’anonimo magistrato, non solo prendo le distanze ma mi vergogno persino di avere mai conosciuto persone che a questo post squallido e raccapricciante hanno aggiunto il loro “mi piace”.

RITIRATA STRATEGICA

Il post, in cui egli si rivolge a tutti – nessuno escluso – candidati che cita uno ad uno, in mezza giornata fa circa 25 “mi piace”, compreso quello del candidato a sindaco Giovanni Siclari che, nel momento in cui qualche reazione si fa sentire, esprime sentimenti di apprezzamento verso la stampa, ma lascia immutato quel mi piace, quale fulgido esempio di non comuni virtù e dedizione alla poltrona.

Passata qualche ora, il Post del giovanissimo Siclari viene rimosso, ad attestare che il pericolo numero due, dopo la “ndangheta”, aveva esercitato pressioni tali da essere insopportabili, lasciando quei “mi piace” in cerca d’autore.

Ora, può darsi ch’io non l’abbia trovato o che “le lentine appannate” non mi abbiano permesso di vedere se lo scritto fosse stato rimosso o meno. Ma, tant’è!

LA QUESTIONE DI FATTO

A parte la gravità di avere deturpato le bellezze naturali e del potenziale disastro ambientale che potrebbe derivarne ove si considerasse tutta l’area soggetta a ripascimento, l’ipotesi accusatoria è racchiusa nel tipo di materiale riversato sulla spiaggia, la cosiddetta “Terra di Messina” che tutto è fuorchè sabbia e la sua compatibilità che non riguarda solo la “grandezza” ma anche la compatibilità chimico-organica che può avere avuto effetti sulla flora e sulla fauna.

La questione ora non è solo giudiziaria, visto che in tanti, in questi anni, hanno praticato quella spiaggia e si aspettano delle risposte che non possono essere evasive e tendenti a nascondere un problema reale, dopo troppo tempo passato a ricevere disinformazioni, nel tentativo di minimizzare, di utilizzare e di frapporsi ai sequestri puntualmente violati.

Atteggiamento che oggi viene reiterato nel momento in cui la Procura della Repubblica compie atti che gli stessi destinatari ammettono, mentre comincia la corsa a smarcarsi dalle responsabilità penali ma non da quelle politiche, perchè nulla può giustificare tre anni di “religioso silenzio” dai banchi dell’amministrazione, della maggioranza e della minoranza.

L’INCHIOSTRO VELENOSO

Così la colpa è della stampa, che sta in mezzo e racconta solo fatti. I fatti che costituendo ipotesi delittuosa non sono stati dalla stessa stampa compiuti ma dagli autori veri o presunti che una Procura, cioè un organo dello Stato, è convinta di avere accertato.

Dunque l’intervento poi rimosso del “provetto statista” non era solo fuori luogo ma era soprattutto un atto di violenza contro la libertà di stampa, nella convinzione che certi sistemi, certi messaggi poco subliminali, possano far recedere o persino cancellare storie di oggi ma anche di ieri, dove i delinquenti venivano definiti tali anche di fronte a sentenze assolutorie.

Badi, dunque, il piccolo Siclari a non stuzzicare la memoria, perchè oltre ad offendere giornalisti che hanno dato la vita per combattere anche coloro i quali dicevano che “la mafia non esiste”, rischia di risvegliare quel “cane da guardia della democrazia” di ispirazione anglosassone.

20/05/2017

di antonio morabito

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